Oggi apriamo una nuova rubrica dedicata agli stili teatrali.
Quindi, per cominciare, torneremo indietro nel tempo, di tanti, tanti, tanti, tanti, tanti, tanti, tanti, tanti… Tanti anni fa!
Et voilà! Anzi, hic sumus! Infatti siamo nel VI sec A.C. Nell’antica Grecia.
Immaginate ora Dioniso che si gode le feste organizzate per lui dai suoi discepoli. E immaginate alcuni di questi discepoli che danzano e cantano felici con delle maschere a forma di testa di caprone. Certo, detta così, tutto questo sembrerebbe avere quasi nulla a che vedere con la tragedia… Ridono, bevono, danzano e cantano!
Eppure è proprio in queste feste dionisiache che la tragedia ha i suoi natali. Infatti Tragedia = Tràgos (caprone) + Oidè (canto).
Altri dicono invece che Tragos non era riferito alla maschera caprina, ma al caprone che veniva consegnato al vincitore delle gare che si disputavano durante queste feste.
Aristotele però non era molto d’accordo con queste teorie e pensava che la tragedia avesse le sue origini nel ditirambo, una forma lirica corale sempre legata alle feste dionisiache, e che il nome dramma derivasse dal dorico dràn (fare/agire).
Non so voi, ma io preferisco la teoria dei danzatori e cantanti con le maschere a forma di caprone… ve li immaginate!?
Al tempo dell’antica Grecia esisteva un coro di dodici persone, che aveva il compito di cantare alcune parti ed interagire con gli attori durante gli episodi recitati. Col passare del tempo però gli attori (che già mostravano i classici segni di quel disturbo chiamato “egocentrismo dell’artista”) cominciarono ad acquisire sempre maggiore importanza, mentre il coro venne a poco a poco ridotto, fino a scomparire quasi del tutto. Gli attori diventarono così il fulcro centrale intorno al quale ruotava tutto lo spettacolo.
La tragedia greca così come era nata, con l’arrivo dei Romani, che sono sempre stati dei gran prepotentoni, anche se con stile, cambia forma. I Romani infatti adattarono le tragedie al loro tempo e alla loro cultura, fino all’arrivo di Seneca che però, con il suo gusto dell’orrido, del magniloquente e il grande numero di personaggi (non adatto per il teatro tragico a quel tempo), fece pensare alla gente che le sue tragedie non fossero da rappresentare ma destinate alla declamazione.
Il medioevo è caratterizzato da molte rappresentazioni, per lo più a sfondo sacro ed edificanti, ma difficilmente parenti della tragedia.
La tragedia rinasce invece in epoca rinascimentale. In parte riallacciandosi al passato e in parte trasformandosi e fondendosi in nuove forme (ad esempio l’Opera Lirica). Succede così che si riprendono i temi mitici. E quando il pubblico comincia a stancarsi della solita manfrina mitologica, gli argomenti restano comunque spesso eroici, aulici e lontani dal quotidiano. Shakespeare, ad esempio, si basava su temi originali, conservando un legame più o meno forte con la rappresentazione teatrale. Alcune delle sue tragedie infatti non ambiscono neanche più ad una scena, diventando quasi un genere da leggere.
Si può dunque dire che negli ultimi secoli di “tipi di tragedie” se ne sono visti un bel po’! Quella che mantiene un rapporto stretto con la scena (ad es. Brecht), quella che diviene un genere letterario (ad es. Shakespeare), quella che confluisce nell’opera lirica (ad es. Mozart), quella che riafferma la sua vicinanza alla poesia pura (ad es. Oscar Wilde), quella che reinterpreta i miti greci o che rappresenta le tragedie sociali del presente (ad es. Mirbeau), ecc…
Secondo George Steiner ai giorni nostri la tragedia come forma d’arte è in decadenza, a meno che non si provi a cercare il tragico in qualcosa di estraneo all’arte stessa. Oggi, infatti, siamo saturati da catastrofi e da atrocità di fronte alle quali reagiamo spesso con indifferenza.
Ecco perchè dunque DiverTeatro si concentra sulla commedia e sul divertimento!
Basta con le tragedie. Concentriamoci sul positivo!
Racconta qui sotto un episodio comico che hai vissuto in prima persona e che sarebbe un ottima partenza per uno spettacolo comico. E, chissà… potresti anche vederlo messo in scena al termine del nostro corso.