La tragedia greca è una delle forme più antiche e influenti di teatro e non possiamo parlare di questo genere senza fare i conti con tre grandi nomi: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Questi drammaturghi hanno plasmato non solo il teatro dell’antica Grecia, ma anche il modo in cui vediamo e comprendiamo la drammaturgia ancora oggi. Ma chi erano e cosa li rende così speciali? Preparate gli occhiali da lettura, perché questa Guida per principianti avrà come tema la triade tragica dei poeti tragici!
Breve premessa: cos’è la tragedia greca?
La tragedia greca nacque nel contesto dell’antica Atene, nel V secolo a.C., durante un periodo di grande splendore culturale e politico. Inizialmente, la tragedia aveva origini rituali. Nacque infatti nel contesto delle festività annuali dedicate a Dionisio, il dio del vino, della sessualità e della vitalità. Nelle Grandi Dionisie, tra le altre cose, venivano organizzate delle competizioni tra drammaturghi. Questi presentavano le loro opere davanti a un numeroso pubblico di cittadini: ognuno di loro doveva proporre tre tragedie e un dramma satirico. Alla fine, si eleggeva un vincitore.
Il teatro, al tempo, non era solo una forma di intrattenimento, ma un mezzo per riflettere su temi fondamentali della società, come il destino, la giustizia, la moralità e il rapporto tra l’uomo e gli dèi. Il filosofo Aristotele identificava l’effetto principale della tragedia greca nella catarsi, cioè un misto di pietà e terrore, che intende purificare l’anima dello spettatore dalle forti passioni.
Com’era il teatro nell’Antica Grecia?
Andiamo a vedere i ruoli e le figure fondamentali per lo svolgimento di queste rappresentazioni. Il coro era essenziale, composto da un gruppo di attori che cantavano, danzavano e commentavano gli eventi della tragedia. Il coro, infatti, aveva una funzione di mediazione tra il pubblico e l’azione scenica, commentando gli eventi e spesso esprimendo il punto di vista della comunità.
A capo del coro, c’era il corifeo (o corago), che assumeva la funzione di un protoregista (anche se ci troviamo molto, molto, molto prima della nascita ufficiale della regia). Il primo attore era il protagonista, colui che interpretava il ruolo centrale della tragedia e che sviluppava l’azione principale, mentre il secondo e terzo attore (introdotti rispettivamente da Eschilo e Sofocle) avevano il compito di interpretare altri personaggi, permettendo al dramma di evolversi con una maggiore complessità e profondità psicologica. Gli attori interpretavano più personaggi, usando delle maschere e cambiandosi di costume nella skene. Alle donne era proibito recitare, quindi gli attori interpretavano sia i ruoli maschili che i ruoli femminili. Le maschere avevano anche una funzione di amplificazione della voce: infatti, potevano fungere da “microfono”.
I teatri dell’Antica Grecia
Gli edifici teatrali greci, progettati per ospitare grandi afflussi di pubblico, erano costruzioni imponenti. Il teatro si sviluppava generalmente su una collina naturale per sfruttare la pendenza e facilitare la visibilità da ogni angolo, oltre che dare l’idea di un teatro immerso nella natura. Il teatron, la gradinata, era l’area principale dove il pubblico si sedeva, disposto in semicircolo, e poteva ospitare fino a 15.000 spettatori. L’orchestra, un’area circolare al centro, era il luogo in cui stava il coro, mentre la skene, un edificio sullo sfondo, serviva come fondale alla scena e come spazio per i cambi di scena (insomma, il progenitore delle quinte teatrali).
Un esempio perfettamente conservato è il Teatro di Epidauro. Costruito nel IV secolo a.C. e noto per la sua eccezionale acustica, il teatro di Epidauro è considerato uno dei migliori esempi di progettazione teatrale dell’antichità.
La triade tragica
Come accennato prima, quando si affronta la tragedia greca non si può non far menzione alla triade tragica: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Questi tre non solo sono considerati i tre maggiori poeti tragici mai esistiti. Tra I persiani di Eschilo e Le Baccanti di Euripide passano più di 70 anni. Dunque, le loro opere non solo sono utili per monitorare un’evoluzione del fenomeno tragico, ma testimoniano anche ben settant’anni di storia greca e di civiltà.
Eschilo: Il primo grande tragico
Eschilo è il primo poeta tragico della grande triade. Fu lui a introdurre il secondo attore, cambiando radicalmente la dinamica del teatro, che fino ad allora vedeva un solo attore che si alternava con il coro. La sua opera è solenne, religiosa, e spesso tratta temi legati alla giustizia divina, al destino e al conflitto tra gli dèi e gli esseri umani. Una delle sue opere più celebri è la Orestea, una trilogia che esplora le vendette familiari e il riscatto attraverso la giustizia.
Sofocle: L’equilibrio tra destino e libertà
Sofocle, che visse qualche decennio dopo Eschilo, introdusse innovazioni significative nella tragedia, come l’uso di tre attori sul palco e una maggiore enfasi sullo sviluppo psicologico dei personaggi. La sua tragedia più famosa, Edipo re, è una delle storie più potenti mai raccontate, esplorando il tema del destino e della sua ineluttabilità. Sofocle approfondisce il conflitto interiore dei suoi protagonisti, mostrando come la lotta tra ciò che è scritto e la volontà umana possa portare alla rovina.
Euripide: Il realista della tragedia
Euripide, infine, porta una visione più umana e realistica della tragedia. Le sue opere esplorano il lato più oscuro della natura umana, affrontando temi come la vendetta, l’amore, la follia e la sofferenza. A differenza di Eschilo e Sofocle, Euripide non si concentra tanto sugli dèi, ma piuttosto sui conflitti psicologici e morali dei suoi
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