Diamo inizio ad una nuova rubrica che darà la parola a diverse figure del cast artistico e tecnico di una compagnia teatrale: regista, attore, drammaturgo, produttore, light designer, coreografo, ecc…
Oggi entreremo nel mondo della regia, con una intervista al regista Giuseppe Cutino!
In un processo di costruzione di un personaggio, quanto le qualità dell’attore è giusto che influiscano sul personaggio?
E’ ovvio che le qualità, ma soprattutto i difetti di un attore, influiscano sull’esito di un personaggio. Soprattutto se parliamo di un testo già esistente, nel momento in cui lo metto in scena, il personaggio è molto influenzato dall’attore, perchè quasi sempre è un attore che conosco e quindi penso la parte per quella persona.
E’ vero però che nel momento in cui andiamo a fare uno spettacolo come ad esempio è stato “Lingua di cane”, in cui il processo creativo della scrittura si evolve all’interno di un laboratorio e a stretto contatto con gli attori, è l’attore che in qualche modo influenza non soltanto la regia, ma anche la drammaturgia e quindi la scrittura.
Ma non credo al fatto che un personaggio sia già predeterminato, perchè è ovvio che persone diverse renderanno dei caratteri diversi. Sta poi al regista riuscire a far sì che quel personaggio diventi unico, perchè diversi e unici siamo sempre tutti noi.
Cosa prova nel vedere concretizzarsi piano piano su un palco le proprie idee?
La concretizzazione delle proprie idee significa che uno ha prima un’idea prestabilita e poi la vede in scena.
E’ molto più interessante farsi sorprendere e provare un’emozione grazie ad un processo creativo che si sviluppa e prende tridimensionalità, forma, coscienza… e lasciarsi emozionare da quello che succede sulla scena.
Se qualcosa mi funziona, mi emoziono sempre, pure la centesima volta che la vedo.
Nella costruzione di una scena lei ha un’idea ben precisa di come deve evolversi l’azione prima ancora che inizi a lavorarci con gli attori? O è un processo sempre in divenire, che viene in parte influenzato dagli attori stessi?
Nel momento in cui si mette in scena un testo che già esiste ho un’idea delle geometrie, ma è anche vero che queste geometrie possono essere modificate nel corso della situazione.
Non so mai a priori esattamente il disegno scenico, però è ovvio che so da dove voglio iniziare e dove voglio andare a parare.
E’ anche vero che per me alcune scene, nel momento in cui le penso, sono importanti perchè diventano come delle immagini, però bisogna capire anche come si può arrivare a quelle immagini. Quindi io posso anche avere un’idea di un momento, di una situazione, ma poi bisogna vedere, grazie anche agli attori, come arrivare alla concretizzazione del progetto che uno ha in mente.
Che libertà si prende rispetto al testo? Quali sono gli elementi più importanti da rispettare?
Tutto dipende da ciò che devo andare a fare. Per me un testo, soprattutto se già esistente, deve essere funzionale a ciò che io voglio dire.
Confesso che le volte che ho lavorato con dei testi, mi sono preso delle libertà: ho tagliato, ho eliminato, ho aggiunto… Naturalmente comunque uso le parole dell’autore. Ho grande rispetto per le parole. E’ possibile che poi ne faccia un uso diverso rispetto a quello che il testo mette in evidenza.
Al 99% leggo le didascalie all’inizio, ma poi non ne tengo conto. Quindi mi prendo assolutamente delle libertà.
Sappiamo che lei ha lavorato al fianco di Emma Dante. Ci può raccontare un aneddoto, un episodio accattivante, riguardo questa esperienza?
In realtà il mio rapporto con Emma Dante nasce e si evolve come un rapporto prima di tutto di amicizia.
Nel momento in cui Emma ha cominciato a lavorare nella lirica, avendo io un’esperienza in questo campo, mi ha chiesto di affiancarla e da allora, tranne che per una singola esperienza, ho lavorato con lei in tutte le sue realizzazioni. E’ un rapporto abbastanza forte che lei ha creato non soltanto con me, ma con tutto lo staff regia.
Non ci sono dei singoli argomenti… Nel rapporto con Emma la cosa che mi piace più ricordare risale al 2003, veramente molti e molti anni fa, dopo che ha vinto il premio scenario nel 2001 con “Palermo”. Un giorno mi disse “Se non ti presenti a scenario ti tolgo il saluto”, cosa che per noi siciliani è quasi un affronto terribile.
E’ stato veramente da stimolo e da sprone. Non volevo perdere il suo saluto e la sua amicizia!
Quindi anche io e Sabrina Petix ci preparammo a partecipare al premio scenario e, dopo Emma Dante, lo abbiamo vinto anche noi con lo spettacolo “Come campi da arare”.
Quindi è questa la cosa che più mi piace ricordare di Emma: il fatto che credo che in questi anni siamo stati da stimolo l’uno per l’altra e c’è una grande fiducia reciproca.